Babbo Renato
Sono i miei primi 20 anni gli anni cremonesi, quelli della
famiglia d’origine, quelli della Canottieri Baldesio, quelli che ti porti
dentro per sempre e scrivere “di e con” mio padre, in poche righe, non sarà
facile per me, ma ci proverò.
Babbo Renato era figlio di un colonnello a cui doveva dare
del “lei” e anche se la nonna Maria, una grande donna che ha amato
visceralmente i suoi figli, ha cercato di stemperare l’atmosfera militare in
famiglia, la disciplina e la severità sono entrati in modo prepotente
nell’educazione del mio babbo.
Babbo Renato ha venduto la sua anima allo sport, a tanti
sport, contagiando man mano tutti quelli che gli stavano vicino, moglie,
figlia, poi figlio e poi tutti quei giovani e meno giovani che si sono avvicinati
a lui; li ha contagiati con i remi, con le vele, con il tatami, con gli sci……
Canottaggio, barca a vela Snipe, Judo, e sci erano infatti i sinceri alleati di
papà che lo hanno accompagnato in tutta la sua vita, sino all’ultimo secondo
della parola fine.
I silenzi di babbo Bruni prendevano voce solo attraverso
quegli sport che lo immergevano nei silenzi della natura o nelle regole
dell’autodifesa… dai miei tre anni in poi mi trovai gli sci ai piedi, ma non fu
per salire o scendere freneticamente delle piste innevate, bensì per seguire il
babbo su percorsi nella natura, fatti di discese, di risalite, di camminate con
gli sci in spalla, di sudate e il magico zaino sulle sue spalle si apriva solo
a ridosso di qualche baita abbandonata, per rifocillarci e goderci la pausa e
il paesaggio. Oggi li chiamano trekking, percorsi nella natura eco-compatibili
a basso impatto ambientale ma negli anni 60 e 70 le chiamavamo gite e
prevedevano percorsi su neve battuta e neve fresca, ti facevano vedere le
impronte dei caprioli, respirare il profumo della resina degli abeti e
ascoltare il silenzio dei boschi rotto solo da qualche sporadico cinguettio.
Quelle esperienze, sapientemente gestite, mi entrarono nel cuore e mai più ne
uscirono…
Di certo l’insegnamento che babbo Renato diede ai suoi due
rampolli fu il profondo rispetto per la natura, talmente profondo che io
bambina ebbi sempre l’impressione che per lui la natura fosse sacra. Mai nulla
fu buttato in terra o in acqua o sulla neve, tutti i nostri rifiuti si
raccoglievano rigorosamente e si riportavano a casa. Da allora, io, che ora di
anni ne ho piu di 50, mi sono sempre arrabbiata con la moltitudine di individui
irrispettosi della natura che usano il mondo con disprezzo, come se fosse una
grande pattumiera.
Babbo Bruni, istruttore e cintura nera con due dan, mi mise
su un tatami a sei anni e a sette ero cintura gialla di Judo. Aveva forse
trovato in quelle arti marziali la risposta all’autodifesa, tanto importante
per lui, e i suoi insegnamenti arrivavano inaspettati anche a casa: io ero
bambina ma mi spiegava che se mi arrivava una mano o un braccio per colpirmi la
testa mi dovevo parare con il mio avambraccio, portandolo sopra ala mia testa.
In quelle prove casalinghe di autodifesa, non particolarmente gradite a mia madre,
io mi divertivo ma la cosa piu incredibile fu che quel gesto insegnatomi lo
interiorizzai per sempre.
La Baldesio si può dire che fu la sua prima casa e anche in
questo fu impossibile non esserne contagiati; le sue uscite quotidiane in
veneta sul grande fiume diventarono per lui come un rituale e il fiume Po come
un suo fratello maggiore.
La storia di babbo Renato e il suo canottaggio la conoscono
tutti ma con questo elegante sport contagiò anche la figlia, in un’epoca dove
le donne affascinate da questo sport erano davvero poche, e di rimando io
contagiai mia figlia, sua nipote Greta. Se babbo Renato fu un azzurro con il
due senza, io vinsi qualche gara nazionale con il singolo, la nipote vinse tre ori
ai campionati italiani in quattro di coppia per la Canottieri Timavo…ma il suo canottaggio si tramandò
solo alla discendenza femminile, temprandola nel corpo e nello spirito come
solo uno sport cosi bello può fare.
Con babbo Renato l’estate diventava magica per lo sport che,
più di tutti, mi riempiva di emozioni a fior di pelle: la vela. Si racconta che
sullo Snipe, nell’incantevole scenario del lago di Garda, io bimba di pochi
anni mi addormentassi ogni tanto sul fondo di questa barchetta di nemmeno 5
metri e che per non rischiare di farmi rotolare nel sonno durante le manovre, mi legasse alla deriva… fatto questo che
faceva scandalizzare alcuni dei suoi amici!
Quando divenni ragazza, più forte e allenata, le regate di
vela con babbo Renato prevedevano che io dovessi essere il prodiere del vento
forte e mia madre il prodiere del vento leggero… ma il ricordo più buffo era
che sia io che lui non avevamo mai freddo e che quando ci si iniziava a vestire
si sentiva la eco degli altri equipaggi che urlavano, con fare allarmante, “i
Bruni si vestono!!!” e allora la regata diventava davvero impegnativa.
La magia della sua vela rimase nei ricordi della figlia che contagiò a sua volta suo nipote Nicola, mio figlio, che da bambino e ragazzino ha regatato nella squadra della Svoc di Monfalcone con Optimist ed Ego e poi a Trieste con il Laser.
Più di qualche persona credo che si ricorderà di mio padre
per la sua stretta di mano… io ricordo di aver visto signore piegarsi in due
implorando di sciogliere la morsa! Credo che facesse parte del suo essere
inossidabile e se, nel mio immaginario di ragazzina, la sua grandissima
energia, la dignità, il silenzio, il rispetto per la natura, me lo rendevano
affine ad un indiano d’America, queste virtù mescolate alla sua grandissima
capacità di organizzare me lo resero affine ad un carismatico condottiero.
Ora, spero che possa riposare in pace ma vivere ancora nei
nostri ricordi per darci forza nelle battaglie della vita.
R.I.P. babbo, tvb, tua figlia Paola
Giugno 2016